
Us Open drama: alla fine esulta Thiem
di Antonio Garofalo
Tanto tuonò che piovve. Ed anche il tennis maschile ha un nuovo campione slam.
È Dominc Thiem, il più atteso, il primo dei “non eletti” nelle ultime campagne, quello più vicino a battere i mostri sacri e che già tre volte aveva giocato una finale slam, perdendola due volte contro Rafa al Roland Garros ed una contro Nole a Melbourne, insomma nei giardini di casa di due dei più grandi di ogni epoca.

Dominator è arrivato al risultato più importante della carriera alla fine di un super-psicodramma che lo ha visto opposto al suo amico Sascha Zverev.
Avevamo visto i due scontrarsi in un terzo turno al Roland Garros, vestiti specularmente da zebre-Adidas sul Souzanne Lenglen, quattro anni fa ed era stato facile profetizzare che i due si sarebbero presto incontrati nelle giornate finali dei major. A Melbourne era successo in semifinale, qui all’atto conclusivo.
I due amici hanno capito presto che giocare una finale slam non è la stessa cosa, a maggior ragione in una cattedrale deserta e spettrale come l’atmosfera di questo torneo allucinante nella bolla di New York, che ancora ci chiediamo se sia stato corretto giocarlo o meno.

Dominic Thiem- Team Europe – Laver Cup 2019 Ginevra
Il tennis si sa, è lo sport del diavolo per antonomasia e l’andamento della partita lo ha dimostrato ancora una volta.
Thiem era il netto favorito della vigilia dopo il suicidio di Djokovic e dopo aver spazzato via l’altro candidato al trono Daniil Medvedev mentre Zverev era arrivato in finale non si sa nemmeno come, passando per set regalati a chiunque, nessun top-20 incontrato fino alla finale, discese ardite e risalite, come lo 0-2 recuperato a Carreno in semifinale.

Eppure pronti via, Dominic era paralizzato dalla tensione di giocare per la prima volta una finale slam da favorito, con l’obbligo morale di vincere per non essere etichettato come perdente di successo.
A Zverev non pareva vero e addirittura dimostrava una lucidità tattica che lo portava a spingersi a rete per controllare i poco efficaci fendenti di Thiem che arrivavano dai teloni di fondocampo.

In poco più di un’ora il tedesco si trovava avanti di due set e un break nel terzo, situazione ideale per travolgere il suo confuso avversario. Che invece, quando sembrava tutto perso, cominciava a giocare mentre l’altro avvertiva tutta la pressione del pronostico improvvisamente rovesciato.
La rimonta di Dominic a quel punto sembrava ineluttabile. Due set pari e subito break in apertura di quinto set. E invece, altra paralisi, i crampi, altro capovolgimento di fronte e addirittura Zverev avanti 5-3 e pronto al servire per il titolo.

Altro giro altra corsa, due break consecutivi, e Thiem pronto a chiudere sul 6-5 e servizio. Finita? Macché! Il drammone non poteva che concludersi al tiebreak, uno dei più tesi e fallaci della storia recente del tennis. Neanche due match point erano sufficienti a Thiem per concludere l’opera, altri due erroracci e poi finalmente l’alleluja.

Eravamo abituati ai fenomeni ai quali il braccio non tremava nei momenti più caldi e che tiravano fuori il meglio nei momenti decisivi dando vita a scambi e partite epiche.
Sarà il caso di abituarsi e di non essere troppo schizzinosi.

Il tennis esisteva prima di Federer, Nadal e Djokovic ed esisterà dopo.
Ma siamo così sicuri che quei tre abbiamo voglia di andare in pensione? Ce li immaginiamo davanti alla tv a sghignazzare vedendo la finale di ieri. In attesa che il Divino torni tra di noi per l’ultima recita del 2021, Rafa e Nole hanno già prenotato lo Chatrier per l’ennesima disfida. Scommettiamo?
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