Jannik Sinner e il trionfo dell’autenticità
Da ieri ‘Jannik’ è il nome più pronunciato in assoluto in Italia e nel resto del mondo e come potrebbe essere altrimenti!
Il nuovo campione Slam azzurro, 48 anni dopo il successo intramontabile di Adriano Panatta del 1976 sulla terra parigina (giusto qualche mese prima di vincere la Coppa Davis – mentre Jannik ha fatto esattamente l’opposto!) è anche il primo sportivo tricolore della storia a vincere il titolo australiano. Un’emozione unica e fortissima, come quella che regalarono Francesca Schiavone e Flavia Pennetta trionfando al Roland Garros e agli US Open.
UNA VITA LUNGA 48 ANNI
Una vita intera, 48 anni di attesa. L’Italia finalmente torna sulla vetta del tennis e lo fa con questo ragazzino (perché a 22 anni non puoi che essere tale) che in campo ha una compostezza incredibile, fatta di colpi clamorosamente forti e veloci, e in conferenza di parole buone, semplici e…perfette.
Jannik è un volto pulito, un fisico asciutto ed un portamento impeccabile. In campo è tutto d’un pezzo: non si fa intimidire né dagli avversari né dalle loro provocazioni e lui stesso è ben lungi dal farne. Anche nella vita di ogni giorno è un tipo serio. Non eccede mai in sorrisi sornioni, ma quando lo fa, ride di gusto; anche i suoi ricci rossi sembrano prendere più curve.
Il classe 2001 è già paragonato agli alfieri dello sport italiano come Valentino Rossi e Alberto Tomba, e quello che più ci sconvolge, a noi italiani così tanto romantici e innamorati, è che Jannik, con tutta quell’enorme pressione che subisce, con l’Italia intera fissa alla televisione, con tutto il mondo pronto a erigerlo come beniamino o a disfarlo come perdente, con la Rod Laver Arena immobile ad aspettare quel fatidico lungolinea…lui, con questo marasma addosso, cos’è che dice al microfono col trofeo in mano?
“Vorrei che tutti potessero avere genitori come i miei. Mi hanno sempre permesso di poter scegliere ciò che preferivo, non mi hanno mai fatto pressione. Vorrei che questa libertà fosse possibile per tutti i ragazzi. Grazie dal profondo del mio cuore ai miei genitori.”
E come si fa a non commuoversi nemmeno un attimo dinanzi a così tanta gratitudine e speranza? Anche i più scettici e cinici converranno che, anche se questo ragazzo fosse il più costruito, il più artefatto dei campioni, è fatto indiscutibilmente bene.
Un protagonista dall’aria di deuteragonista
Come può Jannik non essere un esempio per tutti i bambini, i ragazzi, gli adulti di oggi? Una figura che già si contraddistingue naturalmente per i capelli rossi, “mingherlina” (dal vivo rende ben altro) che si mangia carote e mele a fine match. Genuino.
Che se non fosse per i capelli rossi probabilmente passerebbe inosservato tra la gente perché non ha la volontà di apparire. Che ha scelto di giocare bene a tennis e che ha la costanza e la dedizione per farlo. Un campione nella testa, che diventa campione nei fatti e nella storia. Concreto.
Che non fa l’influencer sui social, che in conferenza stampa dichiara che gli piace giocare a burraco con i compagni di Davis in trasferta. Autentico e semplice. Che forse tutti questi riflettori se li eviterebbe pure, ma che sa che sarebbe sbagliato. Che non rispose agli sbadigli di Medvedev al cambio campo, ma che da allora ha continuato a lavorare sodo per restituire il favore, senza rancore.
Sinner è il volto nuovo in Australia, dopo l’egemonia del trio delle meraviglie: Djokovic-Federer-Nadal. Dopo vent’anni di finali in cui tra i due protagonisti c’è stato (a parte un unico upset nel 2005) sempre uno di questi nomi, è proprio lui ad aver interrotto l’incantesimo, spazzando via in semifinale il serbo, accaparrandosi poi una vittoria pazzesca e storica, non solo per la nostra nazione.
L’Italia ha così il suo fresco campione di Slam, ma è ancora più orgogliosa di aver trovato un ragazzo “semplice”, dalle enormi potenzialità, capace di riunire sotto il tricolore un popolo intero. Senza avere l’aria di protagonista, senza voler accaparrarsi le scene, mordicchiando mele in sala stampa.