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Le corse dei cavalli ai tempi dell’impressionismo

di Barbara Meletto (barbarainwonderlart.com)

Molto tempo prima che l’automobile facesse la sua comparsa, il cavallo era l’emblema della velocità. Sinonimo di dinamismo, di potenza e di forza, questo splendido animale ha affascinato numerosi artisti, nelle cui opere è apparso, di volta in volta, quale oggetto di studio anatomico, figura mitica, incarnazione del potere o semplice accessorio decorativo.

Fu soprattutto sul finire dell’Ottocento che il cavallo divenne il soggetto prediletto della rivoluzionaria pittura impressionista, ritratto di preferenza come protagonista delle gare di corsa.

L’ORIGINE DELLE CORSE DI CAVALLI 

La passione per le corse di cavalli ha origini molto antiche. Una delle sue prime descrizioni letterarie la troviamo nel XXIII libro dell’Iliade, dove vengono descritti i giochi in onore di Patroclo. Omero dedicò ben cinquecento versi alla gara equestre, segno della grande considerazione prestata ai greci a questa specialità.

Dai greci l’amore per i cavalli passò ai romani che lo diffusero, come eredità culturale, nelle terre da loro dominate: gare con carri trainati da cavalli si svolgevano un po’ in tutte le regioni dell’Impero e attiravano folle di spettatori.

Durante l’epoca medioevale le corse si ridussero a pali cittadini o rurali, cui prendevano parte le famiglie benestanti.

Bisognerà attendere il Diciottesimo secolo per vedere lo sviluppo dell’ippica moderna, e precisamente il 1776, anno nel quale si disputò a Doncaster, nella contea di South Yorkshire in Inghilterra, il primo Gran Premio di galoppo del mondo, il “St. Leger”. Da questo momento l’ippica divenne uno sport a tutti gli effetti, incrementando, al contempo, lo sviluppo di una scienza atta alla selezione di razze dotate di specifiche caratteristiche morfologiche ed attitudini comportamentali: i purosangue.  

Nella seconda metà dell’Ottocento l’ippica agonistica divenne una vera e propria moda, contagiando le maggiori capitali europee. Si andava all’ippodromo per assistere alle corse, ma anche per vedere e per farsi vedere, un’alternativa all’aria aperta degli esclusivi salotti borghesi.

A Parigi, regina indiscussa della joie de vivre fin de siècle, gli ippodromi più frequentati erano quelli di Longchamp e di Auteuil, immersi nella splendida di cornice del Bois de Boulogne, oppure, fuori dai confini della città, quello di Chantilly, collocato nel parco del Castello di Chantilly, e quello di Maisons-Lafitte, situato nell’omonima cittadina del  dipartimento degli Yvelines.

EDAGAR DEGAS E LE CORSE DEI CAVALLI

Universalmente conosciuto per le sue ballerine, Edgar Degas nutrì un grande interesse per i cavalli, sia come soggetto artistico, sia come protagonista di avvincenti sfide di galoppo. Fu Paul Valpiçon, conosciuto da Degas durante gli anni del liceo, ad iniziare il pittore al mondo delle corse. Appartenente ad una famiglia di amatori e collezionisti d’arte dell’alta borghesia parigina, Paul soleva trascorrere le sue vacanze nello Château de Ménil-Hubert-en-Exmes.

In questa splendida magione, immersa nel verde paesaggio collinare della Bassa Normandia, Degas venne invitato più volte dall’amico a partire dal 1859. I due impiegavano le loro giornate facendo lunghe passeggiate, dipingendo in una dependance del castello adattata ad atelier, e concedendosi delle capatine al vicino ippodromo di Argentan.

Per Degas il cavallo rappresentava un terreno molto fertile di studio anatomico, ma anche una sfida, data la grande difficoltà di catturarne le forme durante il movimento. A questo periodo risalgono numerosi schizzi e disegni che verranno successivamente rielaborati in opere compiute.

 

IL DIPINTO

A Parigi l’artista continuò la sua frequentazione delle piste da corsa, prendendo parte a numerosi avvenimenti sportivi di Longchamp. Spesso si faceva accompagnare dal collega Édouard Manet, e così questo tema divenne ricorrente nei loro quadri. Un tema all’avanguardia, raffinato pretesto per immortalare una Parigi elegante, sempre pronta ad esibire il suo status di regina della mondanità.

Le défilé” detto anche “Chevaux de courses devant les tribunes” (“La sfilata – Cavalli da corsa davanti alle tribune”), dipinto del 1866 custodito al Musée d’Orsay di Parigi, è la rappresentazione di questo aspetto più raffinato e salettiero delle gare equestri. 

Edgar Degas, Cavalli da corsa davanti alle tribune – La sfilata, 1866

In quest’opera Degas scelse di catturare il momento che precede la gara, rappresentando cavalli e fantini in rivista, mentre si avviano alla partenza. L’atmosfera è carica di energia, come si evince dallo scatto improvviso del purosangue sullo sfondo: la giusta dose di eccitazione che precede una sfida. Gli altri cavalli sono posti a destra, lungo una diagonale, mentre un cavaliere solitario sfila davanti alle tribune, dove sono radunati borghesi in abiti curati e riparati sotto ombrellini da sole. Sullo sfondo troneggiano delle ciminiere fumanti, notazione realistica della crescente industrializzazione che stava interessando la capitale francese. 

L’intera composizione ha uno stile fotografico, potrebbe infatti trattarsi di uno scatto rubato da un reporter che è riuscito ad oltrepassare i cancelli per mettersi in mezzo alla pista: l’inquadratura tagliata ad altezza uomo ne è un segno evidente, come la naturalezza nelle pose e negli atteggiamenti delle figure.

Intanto le ombre cominciano ad allungarsi sulla sabbia e ci annunciano che un’altra domenica di corse sta per volgere al termine.

“ […] ad Auteuil era bellissimo seguire ogni giornata in cui correvano se potevi esserci e vedere le vere corse con i cavalli migliori e arrivavi a conoscere l’ambiente al pari di qualsiasi posto che avessi mai conosciuto. Alla fine conoscevi un sacco di gente, fantini e allenatori e proprietari e fin troppi cavalli e fin troppe corse. “ (Ernest Emingway, “Festa mobile”, pubblicato postumo nel 1964)

 

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