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Cos’è il pickleball? Ce lo spiega il campione italiano Lorenzo Lanza

In silenzio, mentre tutti stanno osservando l’incredibile esplosione del padel in Italia, un altro sport di racchetta comincia, pian piano, a diffondersi lungo la penisola: il pickleball. Iniziamo a parlarne in questo articolo proprio facendo un parallelo con il padel.
I numeri della crescita del padel in Italia sono veramente clamorosi e qui ne citiamo, come esempio, un paio: dal 2019 ad oggi i tesserati alla FITP sono passati da meno di 9.000 ad oltre 50.000 (ma i praticanti superano abbondatemente il milione), i campi affiliati da poco meno di 700 a quasi 4.000 (ma in totale sono circa 7.000). Seppur non paragonabili a quelli del padel, anche i numeri del pickleball non sono da sottovalutare. Sbarcato in Italia soltanto nel 2017, a Tocco da Casauria, in provincia di Pescara, dove sono stati costruiti i primi tre campi dedicati alla disciplina e dove l’anno seguente è stata fondata l’Associazione Italiana Pickleball (AIP), oggi conta circa 300  campi in tutta Italia e circa 5.000 giocatori. Certo, ancora numeri da sport di nicchia, ma il fatto che la FITP lo abbia promosso durante le ATP Finals di Torino dello scorso anno, facendo disputare la prima edizione dei Campionati Italiani Assoluti proprio in quell’occasione, significa che crede il pickleball abbia le potenzialità per replicare il boom del padel.

E se il padel ha sangue latino (origini spagnole e sudamericane), quello del pickleball è invece a stelle e strisce. Leggenda vuole infatti che sia stato inventato a metà degli anni Sessanta nel nord degli Stati Uniti, da due papà – uno dei quali membro del Congresso degli Stati Uniti – vicini di casa in cerca di un nuovo gioco da fare con i figli durante l’estate. Si gioca con palline di plastica rigida forate e con racchette che per certi versi ricordano i taglieri di legno. Lo si può definire come un incrocio tra tennis, badminton e tennistavolo e come sport ideale anche per praticanti poco sportivi – il doppio, il singolare è già un’altra storia – perché non è necessario correre molto e la pallina non viaggia mai a grandi velocità. E se in Europa la pandemia ha portato alla diffusione del padel, lo stesso è accaduto negli USA con il pickleball: i dati parlano di circa 36,5 milioni di praticanti, di cui dieci milioni abituali, con un ritmo di crescita negli ultimi tre anni del 235%. Tra questi vi è l’ex tennista professionista Jack Sock (best ranking n. 8 ATP in singolare e vincitore di tre Slam in doppio), che ritiratosi dal tennis lo scorso agosto a soli 31 anni si è rimesso in gioco nel pickleball, dove attualmente è al 14esimo posto della classifica mondiale di singolare PPA (l’ATP del pickleball, per capirci) e addirittura quinto nella Race, la classifica che tiene conto solo dei risultati della stagione in corso. E c’è anche una ex top ten WTA e finalista di Wimbledon come la canadese Eugenie Bouchard, anche lei da quest’anno entrata nel PPA Tour (attualmente è n. 33 del ranking di singolare).

Racchette e pallina di pickleball

Finora per parlarvi del pickleball abbiamo citato numeri, un po’ di storia e qualche aneddoto. Ma per conoscere meglio uno sport, bisogna rivolgersi a chi lo conosce bene e lo pratica. E allora, per rispettare questo principio, abbiamo intervistato Lorenzo Lanza, colui che ha portato questo sport a Trieste e soprattutto si è laureato campione italiano a novembre a Torino (in due specialità, doppio misto livello principianti in coppia con Giulia Zigante e doppio maschile livello intermedio in coppia con Davide Vendrame, ed è arrivato secondo nel doppio misto livello intermedio sempre in coppia con Giulia Zigante).

Lorenzo, noi ci conosciamo da tempo: prima sui campi da tennis e poi sui campi da padel. Adesso sei campione italiano e istruttore di pickleball. Ci racconti quando è avvenuto il tuo passaggio a questo sport? Come lo hai scoperto?

Diciamo durante il periodo Covid, dopo aver fatto sicuramente molto tennis (è stato anche terza categoria n.d.r.) – dove ci siamo incontrati e ci siamo sfidati – e poi anche padel, che in realtà della nostra città è venuto post Covid: mi ricordo che i primi due campi all’aperto sono stati costruiti nel 2021 ed ha fatto subito un grande boom, erano sempre pieni. In quel periodo ho conosciuto anche il pickleball. Era un periodo in cui avevamo probabilmente più tempo per informarci di cose che ci appassionavano, come nel mio caso gli sport di racchetta. Era appassionato di tennis e anche di padel, e ho letto di questo pickleball, come di altri sport di racchetta che ci sono in giro per il mondo, di cui si segnalava la fortissima crescita in America con dei bei numeri. E quindi io l’ho provato in un campo qui a Trieste, all’aperto, con degli amici, per vedere com’era. Ed ho intuito le potenzialità. Mi è sembrato subito, come poi confermato dalle letture su Internet, si potrebbe dire “friendly”, cioè immediato. Ed esplosivo. Sicuramente richiede meno preparazione, meno abitudine allo sforzo, rispetto al tennis. Quando si va avanti con l’età – e noi ne sappiamo purtroppo qualcosa – c’è meno allenamento e fare uno sport come il tennis, quando il livello si alza, lo sforzo aumenta, recuperare se non sei allenato è difficile. Ecco, quello che ho notato subito, qui lo scambio è molto rapido, molto veloce. E si gioca però comunque tanto e quindi questa è una combinazione che negli USA ha funzionato, a loro piace questa tipo di sport. Mi sono fatto appassionare e ho cercato per un annetto, un annetto e mezzo, di studiarlo, di provarlo con degli amici, realizzando un campo in una palestra. Quindi proprio per prepararmi, anche perché non avrei saputo a chi chiedere, perché effettivamente del pickleball non si sapeva niente.

Lorenzo Lanza e Davide Vendrame impegnati in un torneo a Padova (fonte: Pickleball Trieste)

Infatti ho letto che in Italia fino al 2022 c’erano pochissimi campi. Quindi in realtà la diffusione è avvenuta, come dici tu, negli ultimi due anni.

Sì, assolutamente, negli ultimi due anni. Cosa si può dire? Probabilmente ognuno ha fatto la sua parte, forse anch’io ho fatto la mia… Perché sai, quando ho iniziato comunque c’è stato il passaparola, prima tra gli amici, oggi poi la messaggistica è immediata ed è un attimo avere un effetto volano e comunque, almeno per curiosità, la gente si informa. Quindi credo effettivamente che quando alcuni appassionati fanno con entusiasmo le cose si ottengano dei risultati. Come è stato per i precursori di Tocco da Casauria, un paesino dell’Abruzzo dove praticamente c’è il Centro Federale, un paesino incredibile. Lì sono stati i primi, poi il pickleball si è diffuso nel Lazio e in seguito in tutta Italia.

Dicevamo che in Italia c’è stata l’esplosione del padel più o meno tre anni fa, ed uno dei motivi è che è uno sport con un approccio più immediato rispetto al tennis. Lo stesso, da quanto ci hai già detto, vale anche per il pickleball.  A questo proposito, ci puoi dire quali siano le differenze tra il padel e il pickleball in termini proprio di giocabilità, più che di tecnica? Ed anche in termini di inclusività, considerato uno dei “plus” del padel rispetto al tennis.

Per cercare di far capire le differenze tra i tre sport che hai citato, faccio un paragone con l’atletica leggera. Si potrebbe dire che il tennis è la maratona, una gara classica che tutti sognerebbero di fare nella vita. Sicuramente un grande giocatore di tennis è quasi “mitologico” per gli sforzi che fa. Poi si può scendere giù, si può andare verso i 1.500, gli 800 metri che direi esser lo sforzo che richiede il padel. Perché comunque c’è uno sforzo, e qui rispondo alla tua domanda sulla base di quella che è la mia esperienza. Purtroppo io, probabilmente per carenza di allenamento, giocando a padel ho subito un piccolo infortunio pur arrivando dal tennis, perché credo che comunque necessiti di un significativo lavoro di caricamento con le gambe, di una tecnica che porta ad usare diverse parti del corpo e anche di una certa potenza, che nel pickleball invece non c’è. Ciò fa sì che il padel sia uno sport bello da giocare, ma devi avere una certa potenza e anche resistenza. Ecco quindi il paragone con gli 800 e i 1.500, dove c’è uno sforzo comunque di un certo tipo. Il pickleball invece è in un certo senso paragonabile ai 100 metri perché sicuramente non hai problemi di fiato. Una partita di pickleball la fa chiunque, anche una persona veramente non allenata, anche in sovrappeso. Ovviamente è molto esplosivo e per certi aspetti, come nei 100 metri, a parte l’Usain Bolt dei tempi d’oro, nessuno può arrivare al traguardo convinto di aver vinto. Ecco, che c’è molto equilibrio anche nel picklelball. Dove le differenze di genere sono praticamente azzerate. Se guardiamo i tornei professionisti, negli Stati Uniti  c’è la Major League che è molto seguita, un uomo “pro” scambia spesso con la donna “pro“ alla pari. Perché sicuramente non è la potenza a fare la differenza nel pickleball: c’è molta strategia, pazienza, una dose di tecnica quasi specifica, posizione. E questi non sono elementi di genere.

Sempre rimanendo sul confronto con il padel, mentre quest’ultimo di fatto è centrato sulla specialità del doppio, in parte anche il doppio misto, nel pickleball invece si gioca il singolo, il doppio ed il doppio misto, con quest’ultimo che ho notato si gioca moltissimo. C’è quindi una differenza al punto di vista della diffusione delle varie specialità.

Sì, assolutamente. Quello che io credo potrà andare tantissimo e che spero che prenda piede in Italia, soprattutto per avere una crescita del numero di tornei, sono i campionati misti a squadre. In questo momento infatti è un po’ complicato fare tornei. Noi di Trieste, ad esempio, siamo l’unica realtà in regione: se io dovessi organizzare un campionato regionale sarei solo e questo fatto non dà motivazione ad allenarsi. Noi i tornei più vicini li facciamo a Padova. Di recente hanno organizzato dei tornei a Milano, ma sono cinque ore di macchina: è impegnativo, purtroppo. Come dicevo, quello che va tantissimo negli USA, nella Major League, sono i campionati a squadre. Squadre composte da due uomini e due donne e che disputano un doppio maschile, un doppio femminile ed i due doppi misti. Poi, nel caso di punteggio in parità, si disputano una serie di singolari per conquistare il quinto punto decisivo. Una formula che risulta molto entusiasmante. Il singolo di cui parlavi prima lo ritengo in realtà molto dispendioso, va veramente catalogato vicino al tennis. Ci vuole molto allenamento, anzi, fin troppo: perché hai tanto spazio da coprire, pochissimo tempo e le regole sono le stesse. Infatti, qualcuno sta iniziando a ragionare se modificare le dimensioni del campo e ridurlo per il singolare: perché è veramente tosto.

Lorenzo Lanza impegnato in un match di singolare (fonte: Pickleball Trieste)

Torniamo a questo punto a parlare di Lorenzo Lanza, che inizia a giocare e porta il pickleball – di fatto – a Trieste. Ma diventa anche, nel novembre dello scorso anno, campione italiano in due specialità e vicecampione in una terza. Raccontaci anche di questo tuo grande successo, che penso abbia anche una ricaduta positiva sulla tua attività di promozione di questo sport a Trieste. Il fatto che a promuoverlo sia un due volte campione italiano rappresenta comunque, credo, un’attrattiva.

Non nascondo che, ovviamente, siamo agli inizi con questa disciplina in Italia. I numeri non sono ancora importanti come negli Stati Uniti. Quindi sicuramente ci possono essere anche delle combinazioni che si sono incastrate. Come nel mio caso, ad esempio: gioco da due anni, mi sono impegnato molto, e  sono campione italiano. Ed è una soddisfazione.

Lorenzo Lanza con le tre medaglie vinte ai Campionati Italiani Assoluti di Torino (fonte: archivio personale Lorenzo Lanza)

Ho colto una bella occasione che resterà per tutta la vita, anche perché poi organizzata e inserita nel contesto delle ATP Finals. La cosa più bella che mi porto dentro è che in tutto questo percorso di due anni io non ho mai avuto una guida di riferimento, perché non ho mai avuto un istruttore di pickleball e quindi ho fatto tutto da solo. E come tutte le cose che fai da solo, dopo hai tantissima soddisfazione quando ottieni dei risultati. Quindi c’è stato tanto impegno, non ho mai avuto qualcuno che mi desse indicazioni, ma ho provato su me stesso. Certo, ci sono tanti  video che ti spiegano, però dopo devi provare  e riprovare. Sai benissimo che uno non diventa Sinner guardando Youtube… La stessa cosa vale per il pickleball. Quindi c’è grandissima soddisfazione. Ho fatto questo percorso da solo, fatto che poi mi ha portato a conoscere molto bene quello che oggi è il mondo del pickleball in Italia. Non è certo un mondo che può paragonarsi al padel, però ha delle personalità anche a livello federale, a livello nazionale che ho potuto conoscere. Da poco sono stato nominato per AICS, uno degli enti di promozione sportiva, responsabile nazionale per la formazione: questo weekend ad Alba,in Piemonte, ed il prossimo weekend a Trieste terremo dei corsi di formazione per diventare istruttore nazionale di pickleball. Quello che è importante non è tanto diventare istruttore nazionale, è avvicinarsi con un approccio serio a questo sport. E poi magari in futuro poter intraprendere questa attività, se si creeranno le opportunità. Come del resto è successo col padel per tanti. Anzi, nel corso di formazione ho imposto io come argomento la creazione di circoli, cioè aumentare il movimento. L’obiettivo oggi della formazione nel pickleball non è farti diventare il Mouratoglu del pickleball, non può essere. Si tratta di fare il primo step, soprattutto capire le potenzialità, capire l’approccio e soprattutto capire, come ho detto prima, che al pickleball si può avvicinare chiunque. A partire dai bambini, che già oggi fino agli 8 anni fanno mini-tennis: e in un certo senso il pickleball è un mini-tennis. E fino agli anziani, che tante volte non ce fanno più col tennis, ma non ce la fanno più anche con il padel. Effettivamente qui possono trovare un’alternativa. E poi c’è tutto un mondo di adulti, di senior, che si può appassionare. 

I campi da gioco dove si sono disputati i Campionati Italiani Assoluti a Torino (foto © Rdosport & Marta Magni Images)

Leggevo che alcuni esperti del settore ritengono che nell’arco di un paio d’anni si può ragionare sul milione di praticanti di pickleball in Italia. È realistica secondo te questa affermazione o è troppo ottimistica?

Beh, sarebbe augurabile. La mia realtà, la mia esperienza qui a Trieste, che comunque è una città –  come sai – non tanto aperta alle novità, infatti anche il padel è arrivato dopo rispetto al resto d’Italia, in questo senso è molto positiva. Tutto sommato ci sono quasi più di un centinaio di persone che gravitano intorno a questa disciplina, incuriositi, che hanno giocato, che magari tornano. Chiaro che, ad esempio, ancora nessun genitore penserebbe di far fare pickleball come sport ai propri figli. Però già io quest’estate farò dei  centri estivi – avevo fatto qualcosina già lo scorso anno scorso, ma non organizzato come penso di fare quest’anno e avevo ricevuto un feedback. Quest’anno i centri estivi, poi magari proponi una scuola: perché è chiaro che si partirà dalle scuole, cioè se avrai ragazzini che fanno pickleball agonistico, credo che dopo tutto cresca di conseguenza. Al riguardo, ho tanti amici che hanno provato il pickleball e poi mi dicono “Però c’è mio figlio che ha 12/13 anni, non so…”. Invece il bello è questo: porti tuo figlio con te ed è bellissimo vedere padre e figlio che giocano insieme. Con un figlio di 12/13 anni, tu fai delle partite bellissime, Perché dai 13 anni in su i ragazzi se la giocano alla pari: la dominatrice del circuito femminile è una ragazza americana che ha appena compiuto 17 anni (Anna Leigh Waters, diventata n. 1 del mondo nel 2022 quando non aveva ancora 16 anni, è attualmente la n. 1 del ranking in tutte e tre le discipline: singolo, doppio e doppio misto, n.d.r).

A proposito di quello che stai proponendo a Trieste, ci racconti in breve l’attività della vostra associazione sportiva, dove giocate e i programmi nel breve termine?

Allora, l’ASD Pickleball  Friuli Venezia Giulia è nata neanche un anno fa e in un anno ne abbiamo fatte di cose. Abbiamo avuto la fortuna la scorsa estate, tramite la parrocchia di Opicina (quartiere di Trieste e maggior centro abitato del Carso triestino, n.d.r) di poter riqualificare uno spazio, erano circa 1000 mq, creando addirittura sei campi all’aperto in quella che abbiamo chiamato la “Pickleball Arena”.

La Pickleball Arena di Opicina a Trieste (fonte: Pickleball Trieste)

Abbiamo così avvicinato le persone a questo sport, abbiamo organizzato partite. D’inverno ovviamente è improponibile giocare all’aperto, ma con l’arrivo della bella stagione, replicheremo quanto fatto lo scorso anno. Adesso si usa tanto la chat Whatsapp, ma stiamo sviluppando un gestionale interno che a breve consentirà di prenotare come si fa con i campi di tennis e padel. Con l’arrivo dell’autunno la gente mi chiedeva cosa avremmo fatto d’inverno e non avevo una risposta. E invece è arrivata la soluzione, che è il posto dove ci troviamo oggi: il Pattinaggio Artistico Jolly. Dove c’è una bellissima gestione familiare e mi hanno dato uno spazio interno, dove posso organizzare quattro campi. A quel punto ho trovato nuovi utenti dalla città, che ad Opicina non avevo trovato, quindi adesso ho allargato la base e abbiamo sempre molte persone che vengono a giocare. Siamo molto soddisfatti. Addirittura andremo avanti qui anche d’estate, dato che ci sono degli spazi all’aperto. Quindi se vogliamo contare i campi, sono 6 a Opicina e 4+4 qui. Anche le ACLI ci hanno dato una piccola mano perché a Melara (altro quartiere di Trieste, n.d.r) hanno una palestra in cui viene fatta ginnastica acrobatica e dove abbiamo ricavato anche da un campo in cui la mattina giocano dei pensionati. Perché, come dicevo, il pickleball aiuta a far fare attività a persone che non stanno facendo niente: quel poco che secondo me serve alla vita.
Abbiamo in costruzione il sito “Pickleball Trieste”, ma siamo anche su Facebook, TikTok, Instagram e YouTube. Ma in realtà, essendo un po’ da solo a gestire – e non è facile –  vedo crescere l’attività reale. Non ho neanche il tempo di farla vedere perché sono sempre in campo. A me piace tanto stare in campo, parlare con le persone, conoscere persone nuove. La bellezza qui – rispetto al padel, dove invece sei in una specie di “gabbia”, se posso permettermi – è che i campi sono aperti, sono vicini, è facile incrociarsi e conoscersi al termine della partita. E far conoscere le persone è un obiettivo della mia associazione.

Lorenzo Lanza e Ilvio Vidovich al termine dell’intervista

L’ultima domanda è una curiosità. Ci sono varie versioni sull’origine del nome pickleball. Io avevo letto che deriva da Pickle Boat, il nome dato nel canottaggio all’equipaggio composto da coloro che arrivano da altri equipaggi, e quindi dal fatto che uno sport che prende spunto da diverse discipline. Tu ne conosci altre?

Io sapevo quella che Pickle era il nome del cane di colui che ha portato questo gioco per la prima volta a Seattle. Ma in effetti resta un po’ una questione avvolta nel mistero, un po’ una leggenda. Io ho fatto il corso sia con le ACLI, sia in Federazione e nessuno ti darà mai una risposta univoca.

Lorenzo grazie, adesso non ci resta che andare a giocare.
Grazie a te. Certo, andiamo, e poi mi dirai cosa ne pensi.

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