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Paolo Rossi, uno di noi

di Ilvio Vidovich

Chi è nato prima della seconda metà degli anni Settanta si ricorda esattamente dov’era e cosa faceva nell’estate nel 1982, quando Paolo Rossi trascinò l’Italia alla conquista del campionato mondiale di calcio in Spagna.

QUELL’ESTATE DEL 1982
Chi scrive, lo ricorda benissimo. A partire da Italia-Argentina. C’era la cerimonia di consegna delle pagelle per la fine dell’anno scolastico. Con orario d’inizio a partita ancora in corso. Quando arrivammo a scuola, tutto il gruppetto di ragazzini calciofili era letteralmente – il modo di dire calza a pennello – nel pallone. Ok, dobbiamo avere le pagelle, stanno per iniziare le vacanze, tutto bellissimo, ma… Cos’ha fatto l’Italia? Già, pare incredibile a raccontarlo oggi, che con uno smartphone qualsiasi sarebbe un non problema… Ma uno di noi non era ancora arrivato. Conoscendolo, capimmo subito che si trattava di un ritardo “strategico” e che a breve avremmo avuto aggiornamenti. Ci tranquillizzammo, per quanto possibile (e meno male che nessuno di noi sapeva che nel frattempo Passarella aveva accorciato le distanze!), e rimanemmo in attesa. Quando arrivò ci girammo tutti contemporaneamente e il suo velocissimo (per non farsi sgamare) pugnetto ci fece capire che ok, era andata! Quello che non sapevamo, in quel pomeriggio del 29 giugno 1982, era che il bello di quell’estate 1982 doveva ancora venire.

Il bello iniziò una settimana dopo. Con Italia-Brasile. Ero già in vacanza con i miei genitori, come ogni estate, a Piano d’Arta, in Carnia. La vidi a casa di nostri amici, come poi anche la semifinale con la Polonia. La finale invece – nonostante tutte le valutazioni scaramantiche del caso – la guardai nella sala tv dell’albergo di fronte, insieme ai miei amici del paese. Perché non c’era scaramanzia che tenesse, anche se dopo il rigore sbagliato da Cabrini il pensiero di fare dietrofront ricordo ancora che mi venne… Perché c’era Paolo Rossi. In fondo, lo sentivamo che il mondiale in realtà avevamo cominciato a vincerlo quando Pablito segnò quella incredibile tripletta ad uno dei Brasile più forti di sempre (Zico, Falcao, Socrates, Cerezo, Junior…). Lui e gli altri azzurri quel giorno entrarono, come direbbero gli americani, “in the zone”. E sentivamo che non ne sarebbero più usciti fino al termine della finale di Madrid. Fino al triplice fischio finale di Coelho che certificava la conquista del terzo titolo mondiale della storia per la nazionale azzurra.

Il primo gol di Paolo Rossi al Brasile ai Mondiali del 1982

PABLITO PER SEMPRE
Sicuramente fu con quei tre gol, ai quali poi si aggiunsero i due alla Polonia e con quello che sbloccò la finale con la Germania, che Paolo Rossi divenne per tutto il mondo “Pablito”, il soprannome che in Italia lo accompagnava già dai tempi del Mondiale in Argentina nel 1978, .E certamente sono stati i sei gol del mondiale ’82 a farlo entrare nella storia del calcio – capocannoniere di quella edizione dei Mondiali e Pallone d’Oro a fine stagione – e a farlo diventare una leggenda dello sport italiano. Ma l’affetto dei tifosi, che negli anni forse si è addirittura amplificato, seppur nasca da quelle reti, non è solo dovuto alla riconoscenza, al legame indissolubile che si crea con chi ti ha regalato delle emozioni sportive così forti e inaspettate (ricordiamolo, l’Italia arrivò al mondiale spagnolo, e lo iniziò, in mezzo alle polemiche e alle critiche: i brutti risultati nei match di avvicinamento, la convocazione dello stesso Rossi fermo da due anni, quella mancata di Beccalossi, il silenzio stampa). C’è stato, e ci sarà sempre, anche dell’altro.  

L’esultanza di Paolo Rossi nella finale contro la Germania

Sì, certo, prima di tutto Paolo Rossi è stato il calciatore azzurro che ha fatto piangere il Brasile. È stato il giocatore che ha fatto vincere il mondiale all’Italia dopo più di quarant’anni. Ma non è stato solo questo. Paolo Rossi è stato il ragazzo gracile con le ginocchia fragili (tre menischi asportati a neanche 18 anni) che non si dà per vinto e porta la squadra di provincia a traguardi impensabili (il secondo posto in serie A con il Lanerossi Vicenza,con conquista pure del titolo di capocannoniere).

Paolo Rossi è stato il bravo ragazzo dalla faccia pulita che finisce nei guai senza averli veramente combinati (come verrà confermato tempo dopo dai suoi stessi accusatori nella vicenda del calcio scommesse) e ne paga tutte le conseguenze.

Paolo Rossi è stato il ragazzo che ha trovato chi ha avuto ancora fiducia in lui ed è riuscito a ripagare quella fiducia (Enzo Bearzot in primis, ma anche Giampiero Boniperti e Giovanni Trapattoni, quest’ultimo autore di un toccante tweet di saluto per il giocatore che allenò per quattro anni alla Juventus) 

Un po’ come i genitori con i figli, Il tweet del Trap è tra i più significativi apparsi il giorno della notizia della scomparsa di Paolo Rossi

Ecco, probabilmente è stato anche tutto il vissuto di Paolo Rossi, unitamente alla sua semplicità ed alla sua umiltà, che non sono mai venute meno (“Io non ero un fenomeno. Non ero nemmeno un fuoriclasse. Misi le mie qualità al servizio della volontà. Ero un calciatore normale ma sono riuscito a far piangere il Brasile”), a farcelo apprezzare e a farci affezionare ancora di più a lui. Anche per merito di quel sorriso che lo accompagnava sempre – in tutte le interviste, in tutte le foto – e che ci faceva tornare subito alla memoria quello gioioso e quasi incredulo, dopo il terzo gol ai verdeoro sudamericani allo stadio Sarriá di Barcellona. Perché quella gioia e quella incredulità erano state anche le nostre

Paolo Rossi esulta insieme ad Antognoni dopo il terzo gol al Brasile

Sì, probabilmente era tutto questo. Erano la sua “umanità” e la sua “normalità” a farcelo sentire vicino. A farci sentire che veramente quel giocatore che aveva fatto piangere il Brasile, come canta Venditti in “Giulio Cesare”, era un ragazzo come noi”. E – inconsciamentea farci dire grazie. Per essere stato proprio lui, uno di noi, a regalarci quell’estate del 1982.

L’incontro tra il Pibe de Oro e Pablito durante l’amichevole Italia-Argentina del 1979

Grazie ancora Pablito, fai buon viaggio. E salutaci ancora Diego. Ti sta aspettando, sai quanti assist ti farà adesso, tra le nuvole…

Ho visto Maradona

 

 

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